IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
   Ha  pronunciato  la seguente ordinanza vista la richiesta formulata
 dal p.m., dott. Francesco Filocamo con cui si chiede  l'archiviazione
 del  procedimento  penale  a carico di Pugi Paolo per il reato di cui
 all'art. 21, terzo comma, della legge n. 319/1976;
   Rilevato che il p.m. ha altresi' formulato istanza di  proposizione
 di  questione  di legittimita' costituzionale delle norme applicabili
 nel caso di specie;
   Premesso che il procedimento  (al  quale  sono  stati  riuniti  due
 distinti procedimenti relativi a reati connessi ex art. 12 c.p.p.) ha
 ad  oggetto  il superamento dei limiti previsti dalla tab. A allegata
 alla legge n. 319/1976 per i  parametri  COD,  solidi  sedimentabili,
 solidi  sospesi,  colore  e  tensioattivi  da  parte dell'impianto di
 depurazione a servizio delle fognature del comune di Vaiano;
   Considerato che tale impianto,  al  quale  confluiscono  reflui  di
 origine  mista  (industriale  e  civile,  come risulta dai verbali di
 campionamento in atti) deve considerarsi, ai sensi della l.r. Toscana
 n. 5/86, quale fognatura di classe  B,  soggetta  ex  art.  8,  comma
 seconda,  l.r.  citata  ai limiti di cui alla tabella A allegata alla
 legge n.  319/1976;
   Rilevato che risulta dagli atti (verbali di campionamento e referti
 di analisi) che gli scarichi provenienti dal depuratore in  questione
 nelle  date  del  20 giugno 1995, 8 settembre 1995, 11 settembre 1995
 non risultavano conformi ai limiti previsti dalla citata tabella A (e
 quindi  dalla  disciplina  regionale  sopra  ricordata)   quanto   ai
 parametri specificati in premessa;
   Ritenuto  che  in base al testo originario dell'art. 21 della legge
 n. 319/1976, cosi' come interpretato dalla giurisprudenza  prevalente
 (quanto  meno  a  partire  dalla  sentenza delle Sezioni Uniti penali
 della Cassazione 12  febbraio  1993,  Tognetti)  il  superamento  dei
 limiti  stabiliti  dalle  regioni  per  le  pubbliche  fognature  era
 penalmente sanzionato dall'art. 21 terzo comma;
   Considerato  che  il  testo dell'art. 21 citato e' stato modificato
 dalla legge n. 172/1995, che ha convertito il d.-l. n. 79/1995  (nono
 di  una  lunga  serie  di  decreti  susseguitisi nel tempo attraverso
 continue reiterazioni), e che l'attuale dettato normativo ha previsto
 espressamente l'ipotesi di inosservanza dei limiti di  accettabilita'
 stabiliti  dalle  regioni  ai  sensi  dell'art.  14  della  legge  n.
 319/1976, sottoponendola  a  sanzione  amministrativa  (somma  da  L.
 3.000.000 a L. 30.000.000);
   Rilevato   che,  allo  stato  della  legislazione,  le  fattispecie
 concrete oggetto  del  presente  procedimento  non    risultano  piu'
 previste  come reato e pertanto per tale ragione il p.m. ha richiesto
 l'archiviazione ai sensi degli  artt. 411 e 554 c.p.p.;
   Rilevato che  contestualmente  ha  sottoposto  al  giudice  i  vari
 profili di incostituzionalita', qui di seguito ripresi e fatti propri
 da  questo giudice che viziano la legge n. 172/1995 nel suo complesso
 e nelle parti che specificamente modificano l'art. 21,  terzo  comma,
 della   legge   n.  319/1976,  affinche'  il  giudice  investa  della
 questione, previa verifica della non manifesta infondatezza  e  della
 rilevanza della stessa, la Corte costituzionale;
                             O s s e r v a
     A) Quanto alla non manifesta infondatezza.
   1. - Incostituzionalita' dell'art. 1 della legge n. 172/1995 (nella
 parte  in  cui  converte  in  legge  l'art. 3 del d.-l. n. 79/1995) e
 dell'art.  21, terzo comma, della legge n. 319/1976  come  modificato
 dalle  predette  norme per violazione dell'art. 3, comma primo, della
 Costituzione.
   Il nuovo testo dell'art. 21, terzo comma, della legge n.  319/1976,
 come  modificato dalla legge n. 172/1995, distingue, sotto il profilo
 sanzionatorio, due fattispecie: la prima, qualificata  come  illecito
 amministrativo   e   quindi   meno  gravemente  sanzionata,  concerne
 "l'inosservanza dei limiti di accettabilita' stabiliti dalle  regioni
 ai  sensi dell'art.   14 secondo comma", la secondo, qualificata come
 contravvenzione  e  quindi  piu'  gravemente  sanzionata  (arresto  o
 ammenda),  concerne  il superamento "per gli scarichi da insediamenti
 produttivi ... dei limiti di accettabilita'  delle  tabelle  allegate
 alla  presente  legge  e,  se  recapitano  in pubbliche fognature, di
 quelli fissati ai sensi del numero 2) del primo comma dell'art. 12".
   A sua volta l'art. 14, secondo comma, (anch'esso  modificato  dalla
 legge n. 172/1995) rimette alle regioni "la disciplina degli scarichi
 delle  pubbliche  fognature,  servite  o meno da impianti pubblici di
 depurazione, e quella degli insediamenti civili che non recapitano in
 pubbliche fognature".
   E' dunque evidente come la modifica apportata  all'art.  21,  terzo
 comma, dalla legge n. 172/1995 accomuni nel trattamento sanzionatorio
 (il superamento dei limiti di accettabilita' da parte di) scarichi da
 insediamenti  civili  e scarichi di pubbliche fognature, sia nel caso
 in cui queste ultime  convoglino  esclusivamente  reflui  di  origine
 civile,  sia  nel  caso  in cui esse convoglino esclusivamente reflui
 provenienti da insediamenti produttivi, sia nel caso in  cui  trovino
 recapito  in  fognatura reflui di origine mista, civile e produttiva.
 Ed altrettanto evidente e' come la suddetta modifica differenzi sotto
 il profilo sanzionatorio (il superamento dei limiti di accettabilita'
 da  parte  di)  scarichi  provenienti  direttamente  da  insediamenti
 produttivi  e  scarichi di pubbliche fognature, anche nel caso in cui
 queste  ultime  convoglino   reflui   provenienti   da   insediamenti
 produttivi  (ed  a prescindere dalla esistenza e dal funzionamento di
 un impianto di depurazione a servizio della pubblica fognatura).
   Orbene,  se  e'  agevole   ravvisare,   nell'oggettiva   diversita'
 qualitativa  e  nella conseguente differenza di capacita' inquinante,
 le ragioni del trattamento differenziato e piu' favorevole  riservato
 dal  legislatore  agli  scarichi  degli  insediamenti civili (e delle
 pubbliche fognature convoglianti  esclusivamente  reflui  di  origine
 civile)  rispetto agli scarichi aventi invece origine produttiva, non
 e' invece in alcun modo giustificabile razionalmente  il  trattamento
 differenziato  degli scarichi aventi ad oggetto reflui provenienti da
 insediamenti produttivi, sulla  base  della  circostanza  (del  tutto
 ininfluente  di  per  se  stessa  sulle caratteristiche qualitative e
 sulla capacita' inquinante dello scarico)  che  i  reflui  pervengano
 direttamente  in  uno dei corpi recettori elencati nell'art. 1, lett.
 a), legge n. 319/1976 o che  essi  vi  giungano  invece  tramite  una
 pubblica fognatura del cui scarico costituiscano parte.
   Quest'ultimo  e' infatti il risultato a cui conduce inevitabilmente
 l'applicazione delle modifiche normative introdotte  dalla  legge  n.
 172/1995 che sottopongono a diverso regime sanzionatorio gli scarichi
 "da insediamenti produttivi" e quelli "delle pubbliche fognature" che
 convoglino   (anche   o  solo)  reflui  provenienti  da  insediamenti
 produttivi.
   Si tratta - come e' evidente - di  scarichi  che  hanno  origini  e
 caratteristiche oggettive analoghe, composizioni qualitative simili e
 potenzialita'  inquinanti identiche, di scarichi cioe' che pongono in
 pericolo o offendono nello stesso modo l'ambiente,  che  e'  il  bene
 giuridico  tutelato  dalle  norme in questione. Tuttavia, a fronte di
 situazioni di fatto identiche il legislatore  ha  adottato  soluzioni
 sanzionatorie    ingiustificatamente    differenziate,    e    quindi
 irrazionali, in violazione del fondamentale principio di  eguaglianza
 sancito  dall'art.    3  Cost.  come interpretato costantemente dalla
 Corte costituzionale.
   2. - Incostituzionalita' dell'art. 1 della legge n. 172/1995 (nella
 parte in cui converte in legge l'art.  3  del  d.-l.  n.  79/1995)  e
 dell'art.    21, terzo comma, della legge n. 319/1976 come modificato
 dalle predette norme per violazione degli artt. 9, secondo  comma,  e
 32, primo comma, Costituzione.
   L'introduzione  del regime sanzionatorio differenziato in relazione
 a scarichi  aventi  le  medesime  caratteristiche  qualitative  e  le
 medesime   potenzialita'   inquinanti,   tenuto  conto  della  minore
 efficacia sia preventiva che repressiva delle sanzioni amminsitrative
 alle quali restano sottoposti gli scarichi delle pubbliche fognature,
 si traduce inevitabilmente in una riduzione della complessiva  tutela
 accordata  dall'ordinamento al paesaggio (inteso - conformemente alla
 interpretazione datane dalla giurisprudenza  costituzionale  -  quale
 ambiente  naturale  nel  suo  complesso) ed alla salute individuale e
 collettiva (nel suo significato  piu'  pregnante  di  diritto  ad  un
 ambiente  naturale  ed urbano salubre), beni la cui tutela e' imposta
 dalle richiamate norme costituzionale.
   E' infatti evidente come la modifica  dell'art.  21,  terzo  comma,
 della  legge  n.  319/1976  determini  l'impossibilita'  -  da  parte
 dell'ordinamento -  di  contrastare  in  modo  effettivo  le  lesioni
 all'ambiente  e  alla  salute  che deriveranno dall'effettuazione, da
 parte di pubbliche fognature, di scarichi eccedenti i relativi limiti
 di  accettabilita' e conseguentemente di prevenire, in modo congruo e
 dissuasivo, simili lesioni a beni costituzionalmente protetti.
   Una simile "perdita" di tutela non trova alcuna giustificazione  in
 esigenze riconnettiblli all'esigenza di dare prevalente tutela a beni
 costituzionalmente  privilegiati rispetto all'ambiente ed alla salute
 e le norme che la determinano devono pertanto  essere  valutate  come
 costituzionalmente illegittime.
   3. - Incostituzionalita' della legge n. 172/1995 di conversione del
 d.-l.  n,  79/1995  e  dall'art.  21,  terzo  comma,  della  legge n.
 319/1976 come modificato dalle predette norme  per  violazione  degli
 artt. 25, secondo comma, e 77, secondo comma, della Costituzione.
   Costituisce  principio  costituzionale  fondamentale  il  principio
 della  riserva  assoluta  di  legge  in  materia  penale:  e'   cioe'
 attribuita  -  come  noto - alla competenza esclusiva del legislatore
 ordinario la potesta' normativa in materia penale, con esclusione  di
 altre fonti primarie o comunque con il controllo diretto delle Camere
 sulle  stesse,  o  in  sede  di  delega dal potere normativo (art. 76
 Cost.)  o all'atto del controllo e delle recezione di norme  precarie
 -  giustificabili  solo  dalla  effettiva  e  concreta  (e  come tale
 motivata) sussitenza di "casi straordinari" di necessita' ed urgenza"
 - e soggette, in caso contrario, a rapida decadenza  (art.  77  della
 Costituzione).
   Non  e' possibile apprezzare se sussistano e quali siano le ragioni
 di straordinarie necessita' ed  urgenza    che  abbiano  giustificato
 l'adozione  del  d.-l.  n.  79/1995  e  che  abbiano  giustificato la
 conversione in legge del  medesimo. Nel preambolo  del  decreto-legge
 in  parola,  infatti,  la  straordinaria  necessita'  ed  urgenza  e'
 meramente  enunciata,  ma  non  esplicitata.   Ne'   appare   altrove
 rinvenibile  una qualsiasi ragione che giustificasse l'adozione dello
 strumento prescelto.
   Bastera'  in  proposito  evidenziare  come  il  d.-l.  n.   79/1995
 rappresenti  il  nono di una lunga serie di decreti-legge reiterati a
 partire dal d.-l. 15 novembre 1993, n. 454 (per l'elenco completo  si
 rinvia  alla lettura dell'art. 2, della legge n. 172/1995) e come sia
 difficile anche solo ipotizzare ragioni di necessita'  e  di  urgenza
 che  si  protraggano  per  un  periodo di circa un anno e mezzo senza
 l'intervento di alcuna legge di conversione.
   Si ricorda infine la recente sentenza n. 29/1995 con  la  quale  la
 Corte  costituzionale  ha riconosciuto la possibilita' di valutare la
 sussistenza  dei  requisiti  di  necessita'  ed  urgenza  anche  dopo
 l'approvazione della legge di conversione.
   B) Quanto alla rilevanza.
   E'  agevole  evidenziare  come l'applicazione dell'attuale disposto
 dell'art. 21, terzo comma, della  legge  n.  319/1976  determinerebbe
 l'accoglimento  della richiesta di archiviazione del procedimento con
 trasmissione   degli   atti    all'autorita'    amministrativa    per
 l'irrogazione delle sanzioni di sua competenza.
   Dipendono dalla questione di costituzionalita' della norma, e dalle
 decisioni che la Corte prendera', le successive scelte procedimentali
 di  questo  giudice,  in  particolare  le  ragioni  della  disponenda
 archiviazione, cioe' per infondatezza della notizia di reato  perche'
 il  fatto e' sanzionato in via amminsitrativa, in ipotesi di rigetto,
 ovvero l'archiviazione dei fatti pregressi, in applicazione dell'art.
 2, comma 1, c.p., con possibilita'  di  disporre  l'accertamento,  in
 caso  di  accoglimento, della permanenza del fatto illecito in quanto
 penalmente rilevante e perseguibile a far data dalla pronuncia  della
 sentenza  della  Corte.   Resta per conto esclusa ad avviso di questo
 giudice  la  possibilita',  prospettata  dal   p.m.,   in   caso   di
 accoglimento,  di disporre l'esercizio dell'azione penale per i fatti
 pregressi.
   Si rileva a tal proposito come, sotto il profilo della rilevanza  e
 della  ammissiblita'  della  questione,  non  possa  avere rilievo la
 circostanza che la norma sospettata di  incostituzionalita'  sia  una
 norma  penale  di  favore.  Vale  a  tal  proposito  il richiamo alla
 sentenza della Corte costituzionale 3 giugno  1983,  n.  148  che  ha
 ammesso  la rilevanza del sindacato costituzionale sulle norme penali
 di favore potendo l'eventuale accoglimento incidere sulle formule  di
 proscioglimento e modificare la ratio decisoria.
   Peraltro   in  piu'  occasioni  la  Corte  costituzionale  ha  gia'
 dichiarato la incostituzionalita' di norme di  questa  natura  ed  in
 particolare  di  norme  regionali che escludevano obblighi penalmente
 sanzionati da norme di legge  statali  (si  vedano,  ad  esempio,  le
 sentenze n.  370/1989 e n. 43/1990).